Le ventole dei server gemevano in un crescendo di sforzo computazionale, il ronzio potente che riempiva la stanza studio di Luca a Scandicci, un suono metallico che sembrava vibrare in sintonia con la tensione nell'aria. L'aria si caricò di un'energia silenziosa, quasi palpabile, mentre i terabyte di dati raccolti sotto la Cupola venivano inghiottiti dalla 'mente concettuale' dell'IA sperimentale. Sugli schermi curvi, flussi di dati che prima scorrevano veloci ma decifrabili, mostrando picchi di risonanza e alterazioni del campo quantistico, ora si contorcevano in pattern complessi e astratti, visualizzazioni che sfuggivano alla comprensione intuitiva, il linguaggio visivo di un'intelligenza artificiale che iniziava a "ragionare" su fenomeni al limite della realtà conosciuta. Vittorio osservava il processo con il fiato sospeso, il cuore che batteva un ritmo martellante contro le costole, mentre Valentina era china sui suoi tablet, prendendo appunti digitali con una concentrazione febbrile, cercando di cogliere ogni minimo indizio nei processi di elaborazione mostrati sui monitor di Luca.
Luca, chino sulla console, i suoi occhi che scrutavano le metriche di elaborazione e le prime reazioni del modello di IA, si passò una mano tra i capelli arruffati, gli occhiali spessi leggermente scivolati sul naso. "Ci vorrà... un po'," mormorò finalmente, la voce tesa, spezzando il silenzio febbrile dello studio. "Questa IA non lavora come un motore di ricerca. Non processa e basta. Genera ipotesi, costruisce modelli concettuali completamente nuovi basati sui dati. È... lenta nel suo genere di 'ragionamento'." Sollevò lo sguardo verso Vittorio e Valentina, l'espressione sul suo volto buffo che rifletteva un misto di frustrazione per l'attesa e di timore reverenziale per la complessità del compito. "Basandomi sulle prime reazioni e la complessità apparente dei pattern... direi un paio di giorni. Forse di più, se l'output dovesse richiedere un'ulteriore fase di validazione interna. Il sistema è stato progettato per essere estremamente rigoroso nella costruzione delle sue 'conclusioni'." La notizia cadde come un peso. Due settimane. E "un paio di giorni" rappresentava una fetta enorme di quel tempo prezioso concesso da De Santis. Non restava che attendere, prigionieri in quell'angusto studio suburbano, con la speranza riposta in una 'mente' artificiale che decifrasse i sussurri cosmici provenienti da sotto il cuore antico di Firenze.
Con i terabyte di dati cosmici ora al sicuro nel ventre digitale dell'IA sperimentale di Luca, e un'attesa che si preannunciava lunga quanto estenuante, non c'era altro da fare che lasciare lo studio angusto e saturo di tecnologia. Un silenzio teso calò tra i tre mentre Luca chiudeva le ultime interfacce e assicurava il sistema. Non ci furono molte parole, solo sguardi carichi di consapevolezza: Luca, il suo viso paffuto che tradiva un misto di esaltazione per l'esperimento e ansia per l'incognita dei risultati, scambiò una stretta di mano con Vittorio, un patto silenzioso di fiducia e speranza. Valentina annuì, la sua espressione seria, le implicazioni di ciò che stavano facendo che le si leggevano negli occhi scuri. Sapevano tutti che quelle due settimane non erano un semplice conto alla rovescia accademico, ma una corsa contro un tempo la cui vera natura era ancora sconosciuta. Lasciarono l'appartamento di Scandicci, il ronzio dei server che svaniva alle loro spalle come l'eco di un oracolo moderno. L'aria esterna, anche se profumata dalla vegetazione curata e solcata dai sibili delle navette, sembrava meno densa, meno carica, come se il peso del segreto fosse rimasto confinato tra quelle mura, affidato alla mente artificiale.
Il viaggio di ritorno verso Firenze fu un transito silenzioso. Seduti sulla moderna tramvia autonoma, che scivolava fluida lungo i viali periferici, Vittorio fissava il paesaggio notturno, le luci al plasma della città che si avvicinava, ogni riflesso sui vetri un promemoria della realtà che conosceva, così lontana da quella che stava esplorando. La stanchezza gli pesava sulle spalle, ma l'adrenalina dell'attesa teneva a bada il desiderio di chiudere gli occhi. Accanto a lui, Valentina era seduta composta, ma la sua quiete esteriore nascondeva una mente che lavorava a mille, rielaborando ogni dettaglio, ogni implicazione di ciò che il professore aveva rivelato. Di tanto in tanto, i suoi occhi scuri si sollevavano dal tablet che teneva in grembo e indugiavano su Vittorio, non con la curiosità formale di una studentessa verso il suo mentore, ma con uno sguardo più complesso, forse ammirato per il suo coraggio, forse preoccupato per la sua condizione, forse un misto di entrambi che, in quel momento di eccezionale intimità forzata dal segreto condiviso, si traduceva in una serie di sguardi che si soffermavano un attimo di troppo, un dettaglio che, nel silenzio concentrato di Vittorio, forse iniziava ad affiorare alla sua consapevolezza annebbiata dalla tensione e dalla stanchezza.
Il rientro nell'attico di Coverciano fu un sollievo intriso di apprensione. L'aria profumata di pulito e di verde delle piante sul balcone, il ronzio rassicurante degli apparecchi domestici intelligenti, la luce modulata con cura dalle pareti: tutto creava un bozzolo di normalità che Vittorio sentiva di meritare, e di cui aveva disperato bisogno. Trovò Eloisa in salotto, seduta con un libro digitale in grembo, ma con gli occhi marroni fissi nel vuoto, chiaramente immersa nei pensieri lasciati in sospeso la sera precedente. Il suo sguardo si sollevò non appena udì il rumore discreto della porta che si chiudeva, e in esso Vittorio lesse subito la domanda inespressa. Si lasciò cadere sul divano accanto a lei, il peso della giornata e dell'attesa che gli gravava addosso. "Abbiamo... abbiamo fatto un passo avanti," iniziò, la voce stanca ma con una nota di cauto ottimismo. Le spiegò, semplificando, l'idea di Luca: affidare i dati raccolti sotto la Cupola a quell'IA sperimentale, un 'modello concettuale' in grado, forse, di trovare pattern e connessioni che superavano la comprensione umana. "È una strada... inaspettata, e un po' rischiosa, a dire il vero. Questa intelligenza artificiale non è un semplice algoritmo. Luca dice che ragiona in modi che a noi sfuggono," continuò, cercando le parole più adatte. "Ma se esiste una chiave per capire cosa sta succedendo lì sotto, per capire quel varco, forse è lei a poterla trovare." Il sollievo di non essere più solo, di aver messo la questione nelle "mani" di qualcosa (o qualcuno?) potenzialmente in grado di gestirla, si mescolava all'ansia dell'attesa e al timore per la natura imprevedibile di quell'oracolo digitale.
Mentre Vittorio parlava, spiegando la procedura di trasferimento dati, l'elaborazione in corso, e la stima di Luca di "un paio di giorni, forse di più" per avere un output, una figura silenziosa si era avvicinata alla porta socchiusa dello studio adiacente al salotto. Era Giulio, la sua routine serale al visore interrotta da un'inquietudine latente che covava dal loro breve scambio mattutino. Non intendeva origliare, ma sentendo la voce del padre bassa e seria, non poté fare a meno di fermarsi. Le sue orecchie di sedicenne, abituate ai sussurri digitali e ai dialogi rapidi delle sue app, captavano frammenti che non capiva del tutto, ma che risuonavano con un'eco sinistra nel suo subconscio: "...modello concettuale...", "...dati sotto il Duomo...", "...ragiona in modi che a noi sfuggono...", "...un paio di giorni...". E poi la frase che lo ghiacciò: "...sperando che trovi una chiave... che non si aprano completamente...". La voce del padre era carica di una paura che superava di gran lunga quella del mattino, una paura che Eloisa cercava di calmare con le sue parole pacate. Giulio non comprese l'intera portata dell'abisso quantistico che si nascondeva sotto la sua città, né il ruolo dell'IA nell'impresa. Ma comprese che la "cosa" sotto il Duomo non era solo un problema di lavoro. Era pericolosa. E suo padre, che aveva sempre voluto proteggerlo da tutto, era immerso fino al collo in quel pericolo invisibile, affidando la sua sorte e chissà cos'altro a una "mente" artificiale. Il peso di quella consapevolezza non richiesta calò su di lui, denso e freddo.
Nessun commento:
Posta un commento