lunedì 21 luglio 2025

Il varco di Firenze - Puntata 5

La mattina seguente, il rumore familiare dell'Università di Firenze, il mormorio diffuso degli studenti con i loro visori, il ronzio discreto degli strumenti nei laboratori, accoglieva Vittorio, ma la sua mente era ancora prigioniera del silenzio teso della notte precedente e del peso della sua confessione a Eloisa. Uscito dall'aula dove aveva tenuto una lezione quasi meccanicamente, sentiva il bisogno pressante di agire. Due settimane. Il conto alla rovescia di De Santis rimbombava nella sua testa come un tamburo implacabile, e sapeva che da solo non ce l'avrebbe fatta a decifrare l'enigma del varco e a trovare una soluzione, qualsiasi essa fosse. C'erano due persone nel suo team su cui sapeva di poter contare, non solo per la loro intelligenza e competenza, ma anche per quella rara miscela di curiosità scientifica e fiducia in lui che andava oltre la mera collaborazione professionale: Luca Pozzi, con la sua mente acuta per l'analisi dati e l'intelligenza artificiale, e Valentina Moretti, brillante specializzanda con un intuito quasi preternaturale per i fenomeni complessi. 

Li convocò con un messaggio criptico, chiedendo un incontro urgente in un angolo appartato del laboratorio principale, lontano da orecchie indiscrete e sguardi curiosi. Quando si ritrovarono, la luce fredda e diffusa dell'ambiente scientifico sembrava accentuare la serietà sul volto di Vittorio. Luca, nonostante il suo aspetto buffo con gli occhiali spessi, percepiva l'insolita gravità del professore, mentre Valentina, seduta composta, lo osservava con i suoi occhi scuri e intelligenti, un'espressione di attesa concentrata. Senza preamboli, Vittorio iniziò a parlare, la voce bassa ma ferma, spiegando non solo le anomalie registrate sotto la Cupola – dati che anche loro avevano visto e trovato inspiegabili – ma l'interpretazione a cui era giunto da solo: non un picco energetico, non un rumore di fondo, ma un punto di risonanza, un assottigliamento del velo tra le dimensioni, un varco. Descrisse le firme quantistiche aliene, il senso di essere osservato, la crescente inquietudine. 

Mentre parlava, i volti di Luca e Valentina mutavano: dal professionale interesse per l'anomalia si passò alla perplessità, poi allo scetticismo malcelato. Luca si aggiustò gli occhiali, una risata nervosa che gli moriva in gola, mentre Valentina inclinò la testa, il suo sguardo indagatore che non lasciava quello di Vittorio, come se stesse cercando di capire se stesse scherzando o se avesse perso il contatto con la realtà. Era una teoria assurda, degna di un romanzo di fantascienza più che di un laboratorio di fisica applicata. Eppure, era Vittorio a dirlo, il loro stimato professore, un uomo noto per il suo rigore e la sua lucidità. Era la fiducia in lui, l'evidenza dei dati anomali che erano lì, registrati dai sensori, e forse il barlume di un'avventura scientifica inimmaginabile, a superare l'iniziale incredulità. Un lungo silenzio seguì le sue parole, carico di implicazioni cosmiche e del peso della scadenza imminente. 

Alla fine, fu Valentina a rompere il silenzio, la sua voce calma ma intrisa di una determinazione silenziosa. "Sei sicuro, professore?" chiese, non mettendo in dubbio lui, ma l'enormità di ciò che stava dicendo. Vittorio annuì lentamente, l'espressione di chi porta un fardello insopportabile. "Ne sono certo," rispose, la sua voce una promessa solenne. Luca si schiarì la gola, l'ironia abbandonata per un istante. "Okay, professore," disse, i suoi occhi dietro le lenti che brillavano di un misto di paura e fascino. "Questa è... parecchio. Ma se tu dici che è così... Allora cosa facciamo? Come possiamo aiutarti in due settimane a dimostrare che un varco dimensionale sotto il Duomo non è una 'anomalia non applicabile'?" La domanda, così legata alla cruda realtà accademica e alla scadenza di De Santis, li riportò con i piedi per terra, o meglio, li ancorò alla superficie di quella realtà che si sentivano in procinto di lacerare. Accettavano la sfida, l'incredibile missione di esplorare l'impossibile.

Lasciando l'università, l'aria di Firenze 2050 sembrò a Vittorio meno opprimente, i ronzii delle navette elettriche e gli ologrammi danzanti meno fastidiosi. Un fragile filo di speranza si era annodato nella sua mente, un barlume acceso dalla proposta audace di Luca. Quell'idea, di affidare l'enigma cosmico a un'intelligenza artificiale sperimentale, era al limite della follia, ma era anche l'unica possibile via d'uscita dall'angolo in cui si sentiva intrappolato. Non era una soluzione, non ancora, ma un'opportunità, una direzione in cui muoversi. Il peso sulle sue spalle non era sparito, ma si era spostato, trasformandosi dalla disperazione paralizzante in un'ansia attiva, una febbrile determinazione a provare quell'ultima, improbabile carta. L'immagine di Eloisa e Giulio gli balenò nella mente, e per la prima volta da giorni, il pensiero di tornare a casa non gli provocò la solita stretta al cuore per il segreto che li separava, ma una voglia quasi urgente di quella normalità fittizia, di quel rifugio domestico che, per quanto fragile, rappresentava ciò che stava cercando di proteggere.

Entrare nell'appartamento di Coverciano fu come fare un passo indietro nel tempo, un ritorno a una realtà che, nonostante le tecnologie futuristiche, conservava il calore e la familiarità di un focolare. Il profumo leggero del pranzo preparato dalla cucina automatizzata, il suono attutito del visore di Giulio nella sua stanza, la voce di Eloisa che lo chiamava dal soggiorno – tutto concorreva a creare un'atmosfera di quiete che contrastava violentemente con il caos quantistico che ribolliva sotto il Duomo e nella sua mente. Si sedette a tavola con loro, osservandoli mentre mangiavano, e sentì un'ondata di affetto che lo scosse. Il dialogo era leggero, quotidiano, un intrecciarsi di domande sulla giornata di Giulio a scuola, sulle lezioni di Eloisa, su dettagli apparentemente insignificanti della loro vita. Eppure, in quel momento, quei dettagli gli sembravano un tesoro inestimabile. Non poté fare a meno di sorridere, un sorriso più genuino di quelli tesi delle settimane passate. 

Eloisa lo notò subito, i suoi occhi marroni che si posavano su di lui con una domanda silenziosa e rassicurante. Non accennò al segreto condiviso, ma la sua presenza, il suo sguardo comprensivo, era un'ancora nel mare in tempesta. Vittorio parlò poco del lavoro, solo accennando a una possibile nuova pista di ricerca che stava per esplorare con Luca e Valentina, una "direzione inattesa" emersa dall'analisi dei dati. Era una mezza verità, velata di reticenza, ma il tono con cui la pronunciava era privo della disperazione di ieri. C'era ancora una lunga e pericolosa strada davanti a lui, con la scadenza di De Santis che incombeva e l'incognita terrificante del varco, ma per quel breve lasso di tempo, seduto tra le persone che amava, con un barlume di speranza che si era acceso nell'oscurità, il peso del mondo e degli universi paralleli sembrò, per un attimo, meno schiacciante.

(Continua nei prossimi post)

Nessun commento:

Posta un commento